Ortoterapia: quanto fa bene coltivare?

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Partiamo con un aneddoto storico illuminante, che vale più di molte ricerche: intorno al 1600 i pazienti meno abbienti che non erano in grado di pagare le cure sanitarie, venivano perciò invitati a “saldare” il proprio debito coltivando i campi adiacenti gli ospedali durante le ultime fasi di ricovero. I medici constatarono, con stupore, che questi malati guarivano più in fretta rispetto ai pazienti più ricchi che potevano permettersi di pagare l’ospedalizzazione e che non dovevano di certo mettere le mani nella terra. Ed è così che venne scoperta l’ortoterapia, ovvero, il potere terapeutico per corpo e mente derivante dalla coltivazione dal giardinaggio.

Breve storia dell’ortoterapia

E’ nel dopoguerra che l’Inghilterra riscopre l’ortoterapia. Attraverso il contatto con la natura, gli ex soldati riacquistavano salute, capacità motorie, stabilità mentale e gioia di vivere.

Negli Stati Uniti viene praticata da circa 40 anni e studi recenti dimostrano proprio che l’azione terapeutica svolta dalle piante è un toccasana contro l’ansia che caratterizza la routine quotidiana e si rivela una tecnica riabilitativa in soggetti malati, depressi o disabili.

L’ortoterapia si rivela una preziosa alleata per chiunque, aiutandoci a mantenere un equilibrio psicofisico. Coltivare ci obbliga a esporci alla luce solare, il miglior antidepressivo naturale, senza contare il costante esercizio moderato che si adatta a chiunque, dai bambini agli anziani.

Nel caso degli orti ubrani può persino rappresentare un’occasione di socialità.

I suoi molteplici benefici

Coltivare non ha controindicazioni, per esempio aiuta a sviluppare la motricità: seminare, potare, raccogliere i frutti stimolano infatti il movimento favorendo anche il coordinamento, l’incremento della forza e della resistenza. Migliora la capacità di apprendimento attraverso attività come la memorizzazione del nome di alcune piante, di nozioni spazio-temporali, la percezione della ciclicità delle stagioni, l’identificazione dei tempi adatti per la semina e il raccolto e l’organizzazione degli spazi del giardino. Sono tutte operazioni che rafforzano la sfera cognitiva dell’individuo, stimolando concentrazione, capacità logiche e memoria. Il soggetto inoltre esercita un ruolo attivo, da cui scaturiscono frutti concreti e tangibili: fattore che incrementa l’autostima.

Portare a tavola i propri prodotti (sani e sicuri) è un’esperienza che non ha prezzo.

Non è quindi un caso che coltivare, sia l’orto, il giardino o i vasi sul terrazzo, è ormai uno dei passatempi preferiti dagli italiani. Una passione che si è consolidata durante il lockdown. Il contatto con la natura, in generale, è salutare poiché ci riconnette ad un legame ancestrale con le nostre parti più profonde. Per una volta non ci limitiamo a depredare la natura, ma anche a prendercene cura. C’è bisogno di una fase di apprendimento e di educazione che non sono scontati. Ciò implica una serie di vantaggi cognitivi. Si sviluppa, ad esempio, la capacità di problem solving: con le mani nella materia bisogna attuare processi per fare, portare a termine. E coltivare la terra offre una realtà molto rassicurante, che ci responsabilizza. Siamo riportati in una dimensione in cui ciò che succede dipende anche da noi. La terra ci obbliga a fare una cosa alla volta. Ci si focalizza quindi su ciò che si sta facendo, accordandosi col ritmo della natura.

Ortoterapia oggi: a che punto siamo?

Anche la medicina tradizionale riconosce il valore positivo su corpo e mente dei contesti green: alla Fondazione Universitaria Policlinico Gemelli IRCCS di Roma è stato creato un giardino pensile terapeutico. Un percorso immersivo  che mette al servizio delle pazienti un nuovo modo di curare con la natura. Numerose ricerche, condotte a livello internazionale, hanno infatti confermato l’efficacia degli scenari naturali nel ridurre l’ansia e, in particolare, l’efficacia dei giardini terapeutici progettati negli ospedali nel promuovere la salute, la relazione sociale e la generazione di ricordi piacevoli nei pazienti. Il contatto con la natura aiuta l’accettazione della cura e migliora le performance della stessa, con un percorso che utilizza suoni, sensazioni e olfatto.

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